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Panorama MARZO 2022 AUTOMAZIONE OGGI 436 | 29 propilene. La sua presenza in campo energetico ha iniziato ad attirare l’attenzione con la prima Conferenza internazionale sull’idrogeno svol- tasi a Miami nel 1973, in piena crisi petrolifera; da allora, con alterne fortune, ha continuato a riempire i dibattiti sull’energia e a ispirare pro- getti e innovazioni tecnologiche. Non sarà inutile ricordare che l’idrogeno non è una fonte energetica primaria come lo sono, ad esempio, i combustibili fossili presenti in giacimenti e miniere: sulla Terra non esistono giacimenti di H₂. L’idrogeno è piuttosto un vettore energetico, può essere uno strumento efficace e versatile per convertire, conservare e utilizzare energia. Il problema principale che frena gli entusiasmi dei suoi sostenitori sta proprio nella impossibilità di trovarlo allo stato nativo e quindi nella necessità di doverlo produrre, estraendolo da acqua, idrocarburi o altre sostanze. Dalle diverse soluzioni tecnolo- giche pensate e attuate finora per la sua pro- duzione deriva la classificazione ‘a colori’ che ormai è diventata di uso corrente parlando di idrogeno. Abbiamo il grey hydrogen, attual- mente prevalente, ottenuto attraverso pro- cessi come lo steam reforming nel quale gas naturale o metano reagisce con il vapore in un convertitore catalitico. C’è poi chi produce idrogeno ricorrendo a fonti energetiche quali carbone o lignite: in tal caso si avrà il black o brown hydrogen . In tutti i casi in cui si parte da fonti fossili si avrà come inevitabile sotto- prodotto della anidride carbonica. Se però al processo si abbina la possibilità di cattura della CO₂ prodotta, tramite le tecniche sempre più perfezionate di CCS (Carbon Captur and Storage), allora si parla di blue hydrogen. Se invece l’idrogeno viene prodotto a partire da biomasse o, secondo la soluzione che sembra maggioritaria, attraverso elettrolisi dell’ac- qua con elettricità da fonti rinnovabili, allora avremo il green hydrogen. C’è anche chi indi- vidua un turquoise hydrogen in quello otte- nuto da pirolisi di metano con separazione di carbonio solido. Infine si parla di pink hydro- gen se il processo elettrolitico è alimentato da elettricità prodotta in centrali nucleari. Qualunque sia il colore, l’elemento prodotto, cioè l’idrogeno molecolare, è un gas molto leggero, che si può comprimere fino a 200-700 bar per avere densità adeguata al trasporto e immagazzinamento. Può essere liquefatto a temperatura molto bassa (sotto i -240 °C, con densità di circa 70 kg/m 3 ); è incolore e inodore, è un combustibile con alto potere calorifico per kg (ma basso per m 3 , avendo bassa densità), fa- cilmente infiammabile. Queste e altre caratteristiche ne fanno la so- luzione ideale per risolvere uno dei principali problemi che ancora si pongono per un pieno utilizzo delle fonti rinnovabili: quello della ge- stione delle differenze stagionali tra produzione e consumi che verrebbero compensate data la possibilità di stoccaggio anche per lunghi pe- riodi e in sicurezza dell’idrogeno prodotto nei periodi energeticamente favorevoli. C’è da no- tare che attorno al problema dello stoccaggio dell’idrogeno c’è un fiorire di ricerche che sta dando ottimi risultati, anche coinvolgendo le punte avanzate della scienza dei materiali e le apparecchiature di prestigiosi centri di ricerca della fisica delle particelle. Come nel caso del Desy (Deutsches Elektronen-Synchrotron) di Amburgo, dove è stato realizzato un sistema di stoccaggio dell’idrogeno impiegando nanopar- ticelle di palladio del diametro di 1,2 nanometri. Il palladio è un metallo raro che ha la proprietà di assorbire l’idrogeno, come una spugna as- sorbe l’acqua: disponendo le nanoparticelle su un foglio di grafene si fa in modo che l’idro- geno si disponga sulla loro superficie e venga trattenuto, per poi essere rilasciato al momento dell’utilizzo fornendo una piccola quantità di calore al sistema. Decarbonizzare l’industria Più in generale, l’idrogeno si prospetta come particolarmente adatto per rendere efficace quel processo di decarbonizzazione delle indu- strie che è una delle priorità della transizione energetica ormai avviata. Se infatti il settore dell’elettricità è abbastanza facile da decarbo- nizzare, non altrettanto si può dire per il settore dei trasporti, del riscaldamento e, appunto, dell’industria. Ciò vale per tutti i comparti indu- striali ma in modo speciale per quelle ad alta intensità energetica. Si pensi ai processi produt- tivi del cemento e dell’acciaio che da soli tota- lizzano quasi la metà delle emissioni industriali: il ricorso all’idrogeno, insieme alle biomasse e alla CCS, sembra essere una soluzione molto vantaggiosa e ampiamente praticabile. Ma con- siderazioni analoghe valgono per il comparto della carta, dell’alluminio e dell’alimentare. Al di là dei settori, c’è il problema delle grandi multinazionali che guidano la classifica mon- diale: se da un lato hanno il problema di mo- strare un volto decisamente green, dall’altro si trovano a dover affrontare costi energetici enormi sia per il mantenimento dei grandi data center sia per le aumentate esigenze di tra- sporti; in entrambi i casi, il ricorso all’idrogeno consente di trovare soluzioni competitive e to- talmente compatibili sul piano ambientale. Un altro punto a vantaggio dell’idrogeno è la sua capacità di svolgere un ruolo di hub ener- getico, favorendo il collegamento di diversi set- tori energetici e suscitando efficaci sinergie tra produttori e utenti. È quanto aveva evidenziato, nel dicembre 2020, nel rapporto ‘Green Hydro- gen: A guide to policy making’ e approfondito nel gennaio 2022 nel nuovo rapporto ‘Geopo- litics of the Energy Transformation: The Hydro- gen Factor’, Irena (Agenzia internazionale per le energie rinnovabili) sottolineando l’importanza dei cluster industriali dove sviluppare la produ- zione elettrolitica di idrogeno su larga scala e sollecitando l’attuazione di Piani trasparenti e adeguate tempistiche per le dorsali della rete dell’idrogeno, lo stoccaggio, le stazioni di ri- fornimento e le infrastrutture. È la strada per realizzare le Hydrogen Valley, o, secondo un modello più consono alla situazione italiana, i Distretti a idrogeno, dove realizzare interes- santi economie di scala con conseguenze alta- mente positive in termini di flessibilità, di costi e di riduzione delle emissioni. Due reti in sinergia Ogni progetto, per quanto brillante e innova- tivo possa essere, deve comunque fare i conti con gli aspetti economici; e qui, la battaglia dei colori vede ancora in netta prevalenza il Foto di Markus Steidle da Pixabay bloo

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